Da quando mi sono appassionato di PNL (programmazione neuro linguistica) ho imparato a dare grande importanza alle parole. Le parole non sono altro che “etichette” di cose, sensazioni, emozioni, eventi. A tutto ciò che ci circonda è stato dato un nome e quando vengono fatte nuove scoperte la prima cosa a cui si pensa è proprio questa, dare un nome.
Questo non è un caso, l’essere umano soddisfa il suo bisogno di sicurezza e controllo sapendo come chiamare gli elementi del mondo, quasi che una volta creata un’”etichetta” questa “cosa” ci appartenga di più.
Le parole hanno per l’uomo una grande importanza pur essendo secondarie nella complessità della comunicazione interpersonale rispetto al “come” vengo proferite (linguaggio non verbale e modalità d’uso della voce).
Con le parole descriviamo alcune sensazioni e visualizziamo i nostri stati d’animo quando vogliamo comunicarli all’esterno, o vogliamo razionalizzare le nostre emozioni. Non è certamente un caso che statisticamente in qualsiasi lingua ci sia una percentuale quasi due volte maggiore di parole “negative” rispetto a quelle che descrivono situazioni “positive”. Pensateci ! Quanti sinonimi vi vengono in testa di bello e quanti di brutto ?
Da tempo siamo stati abituati ad evocare immagini e situazioni negative e abbiamo creato un numero maggiore di vocaboli, rispetto a quelli che evocano il piacere. Spesso si sente dire che anche in televisione ciò che è negativo fa notizia ! Quando sento parlare di questo o quell’omicidio mi stupisco e penso che in fondo sia sciocco, non per mancanza di sensibilità, ma perché mi chiedo cosa possa aggiungere alla mia vita questa notizia ? Cosa posso fare io ? E del resto nel mondo ogni minuto muore qualcuno di morte violenta e il mondo da secoli continua il suo percorso. Perciò Vi chiedo: questo modello di comunicazione che risultati può portare ? Visualizzare un omicidio, questa o quella tragedia, magari, mentre sto mangiando con i miei familiari, cosa può aggiungere alla mia esistenza, al mio percorso di vita ?
Milioni di persone sono abituate a visualizzare nel loro cervello per la maggior parte del tempo cose spiacevoli, cosa comporta ? Siamo assuefatti al sensazionalismo, alle urla sperticate dei media tradizionali. E’ una delle ragioni per cui non guardo quasi mai la televisione e preferisco apprendere le notizie sul mondo tramite internet, o magari a seconda degli argomenti da qualche amico appassionato della materia di mio interesse.
Le parole hanno un grande potere, influenzano le emozioni e se usate impropriamente possono essere strumentalizzate. Per questa ragione sempre di più si sente parlare di espressioni che vengono coniate con il chiaro intento di modificare la percezione comune di eventi spiacevoli. Ad esempio si sente parlare di missioni di pace, dove vengono inviati soldati in zone di guerra. Missione di pace, con soldati armati fino ai denti ? Non vi sembra un controsenso ?
Utilizzando la stessa tecnica con la giusta attenzione si possono modificare stati emotivi “depotenzianti” semplicemente modificandone le “etichette” e dando a questo “stato emozionale” una connotazione positiva.
Immaginate di descrivere una situazione frustrante senza utilizzare questo termine, sarebbe più complesso, ci spingerebbe a descrivere meglio la situazione. Lo stato emotivo di frustrazione non esisterebbe più. Potremmo giocando con la fantasia modificare una frase dopo una giornata di lavoro:“sono distrutto” con “ho proprio bisogno di riprendere energie”! Che differenza ! Nella seconda espressione è contenuta un’azione positiva, quasi, quasi dopo una frase del genere ci si sente già meglio… si ha ben chiaro cosa si deve fare, e ci si sta già muovendo per ottenere un risultato !
See you soon
Le parole sono “etichette” di cose, sensazioni, emozioni, eventi.
Da quando mi sono appassionato di PNL (programmazione neuro linguistica) ho imparato a dare grande importanza alle parole. A tutto ciò che ci circonda è stato dato un nome e quando vengono fatte nuove scoperte la prima cosa a cui si pensa è proprio questa, dargli un nome.
L’essere umano soddisfa il suo bisogno di sicurezza e controllo sapendo come chiamare gli elementi del mondo, quasi che una volta creata un’”etichetta” questa “cosa” ci appartenga di più.
Le parole hanno per l’uomo una grande importanza pur essendo secondarie nella complessità della comunicazione interpersonale rispetto al “come” vengo proferite (linguaggio non verbale e cinestesico).
Con le parole descriviamo alcune sensazioni e visualizziamo i nostri stati d’animo quando vogliamo comunicarli all’esterno, o vogliamo razionalizzare le nostre emozioni. Non è certamente un caso che statisticamente in qualsiasi lingua ci sia una percentuale quasi due volte maggiore di parole “negative” rispetto a quelle che descrivono situazioni “positive”. Pensateci ! Quanti sinonimi vi vengono in testa di bello e quanti di brutto ?
Da tempo siamo stati abituati ad evocare immagini e situazioni negative e abbiamo creato un numero maggiore di vocaboli, rispetto a quelli che evocano il piacere. Spesso si sente dire che ciò che è negativo fa notizia ! Quando sento parlare di questo o quell’omicidio mi stupisco e penso che in fondo sia sciocco, non per mancanza di sensibilità, ma perché mi chiedo cosa possa aggiungere alla mia vita questa notizia ? Cosa posso fare io ? E del resto nel mondo ogni minuto muore qualcuno di morte violenta e il mondo da secoli continua il suo percorso. Perciò Vi chiedo: questo modello di comunicazione che risultati può portare ? Visualizzare un omicidio, questa o quella tragedia, magari, mentre sto mangiando con i miei familiari, cosa può aggiungere alla mia esistenza, al mio percorso di vita ?
Milioni di persone sono abituate a visualizzare nel loro cervello per la maggior parte del tempo cose spiacevoli, cosa comporta ? Siamo assuefatti al sensazionalismo, alle urla sperticate dei media tradizionali. E’ una delle ragioni per cui non guardo quasi mai la televisione e preferisco apprendere le notizie sul mondo tramite internet, o magari a seconda degli argomenti da qualche amico appassionato della materia di mio interesse.
Le parole hanno un grande potere, influenzano le emozioni e se usate impropriamente possono essere strumentalizzate. Per questa ragione sempre di più si sente parlare di espressioni che vengono coniate con il chiaro intento di modificare la percezione comune di eventi spiacevoli. Ad esempio si sente parlare di missioni di pace, dove vengono inviati soldati in zone di guerra. Missione di pace, con soldati armati fino ai denti ? Non vi sembra un controsenso ?
Utilizzando la stessa tecnica con la giusta attenzione si possono modificare stati emotivi “depotenzianti” semplicemente modificandone le “etichette” e dando a questo “stato emozionale” una connotazione positiva.
Immaginate di descrivere una situazione frustrante senza utilizzare questo termine, sarebbe più complesso, ci spingerebbe a descrivere meglio la situazione. Lo stato emotivo di frustrazione non esisterebbe più. Potremmo giocando con la fantasia modificare una frase dopo una giornata di lavoro:“sono distrutto” con “ho proprio bisogno di riprendere energie”! Che differenza ! Nella seconda espressione è contenuta un’azione positiva, quasi, quasi dopo una frase del genere ci si sente già meglio… si ha ben chiaro cosa si deve fare, e ci si sta già muovendo per ottenere un risultato !
See you soon